Augusta: Piazza Marittima di frontiera dal XVI al XX secolo
[ Il Re di Spagna i Savoia e il territorio 1713 ]

Augusta - Nell'700

Dal Convegno Internazionale su "Frontiere e Fortificazioni" tenutosi a Firenze e Lucca dal 3 al 5 dicembre 1999.



L’inizio del nuovo secolo è agitato dalle lotte per la successione al trono di Spagna, cui la Sicilia non può rimanere estranea; nel 1713, infatti, il Trattato di Utrecht l’assegna a Vittorio Amedeo II di Savoia.

Agli spagnoli che, dopo aver provveduto a riparare i danni del terremoto, lasciano Augusta a malincuore, succedono i piemontesi; il loro arrivo è accompagnato da diversi ingegneri militari che ne esaminano meticolosamente le difese e che concludono considerandole inefficaci, poiché il problema di fondo rimane; insoluto: quello del completo con trollo sulla rada. Quest’impietoso giudizio incoraggia vieppiù il viceré Maffei a concentrare i propri uomini a Siracusa, ritenuta più idonea ad una difesa prolungata contro gli spagnoli, le cui mire sulla Sicilia sono persistenti. Nel 1718, infatti, essi vi tornarono con la forza, e si accampano ad Augusta per assediare Siracusa, destinata a capitolare malgrado le precauzioni di Maffei. Ma poi, l’armistizio del 1720 li costringe a riabbandonare la piazza, che passa agli austriaci e ve li vedrà per 15 anni: un periodo senza storia per questo luogo. Il 1735 è segnato dall’ulteriore tentativo della Spagna -sarà l’ultimo- di riprendersi la Sicilia con la forza; ne assedia i caposaldi, tra i quali manca però Augusta dato che gli austriaci hanno imitato i piemontesi nel barricarsi a Siracusa. Ma ciò non li sottrarrà ad un’identica capitolazione. Infine, il Trattato di Vienna del 1738 conclude questo tormentato quarantennio, assegnando la Sicilia ai Borboni. Indubbiamente, la caduta di tensione internazionale per lo spegnersi delle rivalità sul possesso dell’isola, avrà inevitabili riflessi sul ruolo di Augusta, che si avvia verso un lento decadimento; ma non va trascurato anche il ripensamento a livello europeo che adesso prende corpo, in merito all’utilità ed all’efficacia delle fortificazioni campali di tipo tradizionale, come quelle di cui essa dispone. A ciò, si aggiunga la conferma espressa da ancora altri ingegneri militari di chiara fama, quali il Formenti od il Monti, sull’impotenza della piazzaforte ad impedire che il nemico possa penetrare sin nel cuore dell’ancoraggio, come più volte il passato ha dimostrato.

AUTORE: Tullio Marcon [ © Proprietà Letteraria Riservata ]


A cura della Redazione