Augusta: Piazza Marittima di frontiera dal XVI al XX secolo
[ Battaglia Spagnolo-Francese 1675 ]

Augusta - Nell'600

Dal Convegno Internazionale su "Frontiere e Fortificazioni" tenutosi a Firenze e Lucca dal 3 al 5 dicembre 1999.



Alla fine, qualcosa si muove. Intorno al 1608, infatti, il castello si arricchisce dei due bastioni a settentrione, il Vigliena ed il San Bartolomeo; intorno al 1645, vi si aggiungeranno gli altri due a mezzogiorno, il San Filippo ed il San Giacomo.

La fortezza si trasforma così in una cittadella, dalla accresciuta capacità difensiva. Inoltre, si pone mano al taglio dell’istmo, preconizzato da Campi già da alcuni decenni. Tuttavia, il complesso delle bocche da fuoco installate, continua a mantenersi modesto in rapporto alle capacità delle fortificazioni: una rilevazione del 1640 circa, ne dà infatti 40 nei vari calibri, tra cui solo 9 cannoni da 55 libre. Si vedrà presto come il perdurare di questa carenza, inciderà pesantemente sull’efficacia dell’apparato difensivo. Intanto, la inattesa caduta di Candia in mano turca nel 1669 scuote la cristianità e fa temere una ripresa delle mai dimenticate scorrerie su queste coste. Nell’urgenza di rafforzare le frontiere, la Spagna invia in Sicilia - e quindi anche ad Augusta - l’ormai famoso ingegnere militare Carlos de Grunembergh, allo scopo di pianificarvi nuovi e più ambiziosi interventi. Solo che questa volta, la minaccia non verrà dai turchi, come finora è avvenuto. Nel 1672, infatti, il mai sopito antagonismo tra Francia e Spagna sfocia nella “Guerra d’Olanda”, che vede quest’ultima alleata degli spagnoli. In Sicilia, serpeggia da tempo il malcontento contro di essi, incolpati di cattiva amministrazione. Messina, che guida la rivolta, si ribella apertamente alla Spagna e chiede l’aiuto dei francesi, pronti ad accorrervi nel gennaio 1675, con una squadra navale e molti uomini; la loro completa libertà di movimento è però vincolata al dominio delle acque siculo-orientali, il che presuppone il possesso di Augusta. Invero, sull’obiettivo le informazioni non mancano, e non solo grazie al lavoro di spie e cartografi. Nel 1672, ad esempio, il francese Jouvin che alcuni anni prima s’era fermato ad Augusta durante un viaggio in Sicilia e Malta, ha dato alle stampe il resoconto delle sue visite alle città, senza mancare di descriverne anche le difese; nel caso di questa piazzaforte, s’è addirittura cimentato ad individuarvi “une grande quantité de canons”. C’è quindi da aspettarsi una vigorosa resistenza (6). Al mattino del 17 agosto 1675, una squadra salpata il 15 da Messina al comando del duca Vivonne, con 29 vascelli, 24 galere e 12 brulotti, giunge nelle acque di Augusta. Il duca Tourville muove subito all’attacco del forte d’Avalos con 12 galere e 6 vascelli; se vale l’assioma per cui un cannone piazzato a terra ne vale tre a bordo, l’apparente sproporzione in bocche da fuoco a favore dei francesi dovrebbe ridursi. Ed invece, dopo aver sparato solo pochi colpi, il forte s’arrende consentendo alla fanteria imbarcata di prender terra a Terravecchia, ed al grosso della formazione di penetrare nel porto senza ostacoli. Qui, dopo breve resistenza, capitolano pure i forti Garcia e Vittoria, mentre altre truppe sbarcano sulle degradanti pendici dell’isola, dirigendosi anch’esse verso il castello; l’uccisione a tradimento del suo comandante ne segna poco dopo la resa. Il tutto s’è concluso in tre sole ore, regalando un insperato successo ai francesi che, una volta ispezionate le fortificazioni, ne attribuiscono il rapido collasso a carenza di cannoni (7). Ma sulla caduta di Augusta, che il costernato vicerè definirà nsada, grava anche l’ombra del tradimento; il processo seguito dalla condanna a morte del comandante di torre Avalos, a Milazzo, non può esserne altro che una conferma. Ora gli spagnoli, che tengono ancora Catania e Siracusa, pensano alla rivincita; dovrà provvedervi entro pochi mesi il famoso ammiraglio Michiel de Ruyter, a capo d’una squadra navale ispano-olandese forte di una cinquantina di bastimenti. Quando il 19 aprile 1676 essa raggiunge Siracusa, i francesi parano la mossa inviando ad Augusta una quarantina di navi, che compensano l’inferiorità in numero con la maggior potenza di fuoco; le comanda l’ammiraglio Abrahm Duquesne. Il 22 mattina, le due formazioni lasciano l’ormeggio per il mare aperto, con lo scopo d’ingaggiare battaglia; ciò avviene con l’alzarsi del vento nel pomeriggio. Quella che passerà alla storia della marina velica come “Battaglia d’Agosta”, dura 6 ore senza che ne esca un vincitore, almeno in apparenza, e che ne siano valse la pena le forti perdite in uomini e bastimenti da ambo le parti. Ma in realtà, il fatto che i francesi non abbiano persa Augusta equivale al vero successo, tantoppiù che con la morte di de Ruyter gli avversari rinuncieranno a ritentare la prova. Quella dei francesi sarà tuttavia una breve permanenza, caratterizzata unicamente da modesti lavori difensivi, tra cui il completamento dell’opera a corno a nord del castello e, a sud di esso, la creazione d’una piazza d’armi ottenuta demolendo un centinaio di case, tra le più antiche della città. Cessata la “Guerra d’Olanda” essi lasciano Augusta il 18 marzo 1678, non senza avervi depredate le chiese delle campane e aver ridotta in rovina la bellissima torre con la laterna che si ergeva sul forte Avalos, meritandogli così il nome che a tutt’oggi lo distingue: quello di Torre Avalos (8).

AUTORE: Tullio Marcon [ © Proprietà Letteraria Riservata ]


A cura della Redazione