Conte Rosso, settant’anni dopo.

24 maggio 2011 • pubblicato da Francesco Carriglio in Notizie

Pomeriggio del 24 maggio 1984. Alcune corvette della Marina Militare uscite da Augusta procedono a qualche miglio di distanza dalla costa con rotta a sud. Approssimandosi a Capo Murro di Porco, rallentano l’andatura e serrano la formazione, assumendo la posizione raccolta di “appoggio”, prora contro poppa, quella cara di tante cerimonie in mare. Infatti, quell’uscita ha uno scopo del tutto particolare. Sei uomini avanti negli anni e con i capelli bianchi, stretti a poppa di una delle unità, si apprestano a rivivere il più drammatico dei loro ricordi. Le vibrazioni sulla coperta, il ritmico pulsare delle macchine, il gorgoglio del mare tagliato dalle prore vicine, il vento, tutto sembra acquietarsi nel silenzio del ricordo che riaffiora nella mente di quei sei uomini dagli occhi lucidi ma impassibili. Sotto di loro, a duemilaseicento metri, nel buio dell’alto fondale, riposa la sfortunata nave che li trasportava la sera del 24 maggio 1941 assieme ad altri tremila compagni : il piroscafo CONTE ROSSO.

[foto Ufficio Storico M.M.I.]

In quel tratto di mare, alle ore 20.41 di quella sera, due siluri lanciati dal sommergibile inglese Upholder squarciarono la fiancata sinistra del piroscafo provocandone il rapido affondamento. Mentre la grande nave si inabissava, si consumava la tragedia apocalittica degli uomini che vi erano imbarcati. Molti vedevano il mare per la prima volta. Nel volgere di poco meno di un quarto d’ora morirono, tra militari e marittimi, oltre 1500 uomini.
In sei, perciò, avevano voluto tornare su quel luogo di sacrificio, per ricordare, per non dimenticare. Una corona viene lanciata in mare sul punto dell’affondamento, mentre il sole comincia a calare alle spalle delle corvette, ricreando la suggestione di quell’ultimo tramonto sulla fiancata della bella nave passeggeri in rotta per Tripoli carica di soldati. Non servono altre parole per la commossa rappresentanza dei superstiti, venuti qui dal Friuli, ospiti della città di Augusta.
Loro, quelli del CONTE ROSSO che la tragedia di quella notte e le successive vicissitudini della guerra avevano risparmiato, s’erano cercati ed in qualche modo ritrovati. Reduci dell’Esercito, dell’Aeronautica, marittimi civili del Lloyd Triestino cui la nave apparteneva, avevano ripreso a radunarsi nel ricordo dei compagni scomparsi nelle acque della Sicilia orientale.
Così, era stato possibile riallacciare un legame con qualcuno di loro, decidendo di rievocare ad Augusta, insieme, nella memoria dei Caduti, quella dolorosa pagina di guerra. Perché ad Augusta, la mattina successiva all’affondamento, furono sbarcati 1300 naufraghi e 91 salme dei caduti del CONTE ROSSO. Ragazzi col terrore ancora negli occhi, unti di nafta, scalzi, infreddoliti, partiti in divisa per i deserti africani e ritrovatisi vittime di una tragedia del mare. Appena sbarcati dalle navi che li avevano tratti in salvo, con i camion vennero trasferiti al Comando Marina di Terravecchia per le prima assistenza transitando per il paese. La gente vide, restando dapprima ammutolita, costernata; poi, in uno slancio sempre più grande di generosità, fece quel che potette per alleviare le loro sofferenze. Coperte, cibo, indumenti, una parola buona, tanta solidarietà si iniziò a riversare per giorni sui quei naufraghi, infagottati alla meglio con le tenute di fatica tirate fuori dai magazzini della Regia Marina. Augusta li aveva adottati – come uno di loro scrisse quarant’anni dopo – ed il ricordo di quel calore umano, sincero e spontaneo, li avrebbe per sempre accompagnati per il resto dei loro giorni. A Siracusa andò la gran parte dei morti e lì furono composti, identificati ed onorati con umana pietà. Ad Augusta furono accolti i sopravvissuti e lì trovarono assistenza e l’affetto di quanti vollero essere a loro vicini
A riprova dei legami che sorsero forti da quel luttuoso evento di guerra resta, ad esempio, la storia della nostra concittadina signora Margherita Fazio, divenuta poi sposa di uno di quei superstiti, il radiotelegrafista Gigli.
In quel 1984, primo anno della memoria del Conte Rosso, il Lions Club di Augusta pose una targa a ricordo dell’avvenimento nell’androne del Palazzo di Città ad Augusta alla presenza di quei sei superstiti, tornati qui per ringraziare, ancora una volta, quella comunità per quanto aveva fatto per loro e per i propri compagni naufraghi subito dopo lo sbarco a terra. Un’altro segno di attenzione verso la memoria storica dell’evento è venuto poi dal “Museo della Piazzaforte” che sin dal 1990 ha dedicato all’avvenimento una sezione, con un modello della nave, altri cimeli, foto d’epoca, una nota scritta alla città da parte dei reduci, ritagli della stampa triestina sulla cerimonia di Augusta.
Silenzioso ed infaticabile organizzatore di quella prima celebrazione fu lo storico militare Ing. Tullio Marcon che, per primo aveva riscoperto ed approfondito quella triste pagina di guerra, aprendo una strada della memoria che, da quel momento in poi, tanti altri avrebbero ripercorso per ricordare la vicenda del Conte Rosso. Schivo e concreto, in quella circostanza, l’Ing. Marcon mi diede l’onore di affiancarlo, a terra ed in mare, cogliendo dalle sue scarne parole e dal suo sguardo intenso ed imperscrutabile il profumo impareggiabile della “missione” compiuta.
Oggi, a settanta anni dalla tragedia, ho voluto ricordare il CONTE ROSSO ed i suoi Caduti riproponendo la memoria di quel 1984 lontano.
Per non dimenticare una pagina di una guerra perduta e luttuosa. Per non dimenticare una pagina della memoria della nostra Augusta. Avv. Antonello Forestiere

La tragedia del CONTE ROSSO
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