Augusta: Affondamento del Regio C.T. Leone Pancaldo e recupero (1941).

Inserto

Inserto Pubblicato dalla Redazione 4 Novembre 2023


Come ci hanno insegnato gli antichi guerrieri romani “Gli immunes”, l’attacco di sorpresa è il più efficace nel compimento dell’azione. Così è accaduto il tragico evento che permise l’affondamento di una nostra Unità in sosta nella rada Megarese con la conseguente perdita di uomini.

Dopo la battaglia navale di Punta Stilo, insieme ad altre Unità, il Cacciatorpediniere Leone Pancaldo fece rotta Sud con lo scopo di pattugliare il quadrante Mediterraneo nel quale transitavano le navi inglesi per il rifornimento all’Isola di Malta.

Il 10 luglio 1941 i Cacciatorpediniere Vivaldi e il Pancaldo (14^ Squadriglia) entrarono nella rada di Augusta per eseguire un rapido rifornimento di combustibile e viveri. Alla nave Pancaldo fu assegnato come punto d’ormeggio la Boa A 4, posizionata al centro della rada (f.dx1). La presenza delle Unità navali nella rada di Augusta fu segnalata agli inglesi dal ricognitore Short Sunderland, di stanza a Malta, in perlustrazione nella costa della Sicilia Orientale.
Alle ore 21:20 dello stesso giorno si alzarono in volo dalla portaerei Eagle tre aerosiluranti Fairey Swordfish dell’813^ Squadron che, giunti sulla rada di Augusta, iniziarono la discesa fino a 30 m di quota per l’attacco simultaneo alle navi in sosta; due aerosiluranti si diressero contro il caccia Pamcaldo, uno dei quali sganciò il primo siluro ma non colpì il bersaglio esplodendo nella battigia di Punta Cugno, la nave si allertò in 1° grado di combattimento cercando di respingere l’attacco con le mitragliere antiaeree. Subito dopo il secondo aerosilurante sganciò il siluro che andò a segno, colpendo il lato dritto della prora della nave, il Pancaldo si inclinò appruandosi, imbarcando acqua dalla squarcio provocato dall’esplosione del siluro. Mentre la nave si immergeva l’equipaggio continuò a difenderla e le mitragliatrici non cessarono di sparare finché l’acqua non giunse alle postazioni. La nave affondava rapidamente, una parte dell’equipaggio calò i mezzi di salvataggio, l’altra si gettò in mare. I naufraghi sopravvissuti furono recuperati dopo circa un'ora dalle imbarcazioni di soccorso dell’Ufficio Porto, mentre per i corpi senza vita continuò il recupero fino la mattina seguente; perirono 16 uomini e 9 furono i feriti, la nave si adagiò sul un fondale di 15 m. La presenza degli aerosiluranti inglesi fu una sorpresa inaspettata per la contraerea del territorio perché astutamente gli aerei giunsero con le luci di navigazione accese, camuffandosi da aerei italiani. Questa azione bellica contro le navi Italiane scosse emotivamente la cittadinanza locale che in questo atto colse la misura della ferocia dei nemici, giudicando negativamente la efficacia della difesa aerea.
Recupero dell’Unità.
Il 26 luglio 1941 iniziarono i lavori di recupero del relitto a cura dei palombari dell’Ufficio Porto e delle officine lavori dell’Arsenale di Augusta, una operazione difficile e laboriosa per riportare il relitto alla semi-gallegibilità in questa fase perse la vita un 2° C° Palombaro, aggiungendosi alle vittime dell’agguato. Il 1° agosto il relitto venne rimorchiato nel bacino galleggiante (f.dx2) nel quale si eseguirono i lavori di ripristino alla galleggiabilità e stabilità. Il 27 ottobre il Pancaldo lasciò Augusta e con l’ausilio di rimorchiatori (f.dx3) giunse ai Cantieri Navali Ansaldo di Genova dove rimase per la sosta lavori fino al novembre del 1942, da qui fu trasferito all’Arsenale di La Spezia per l’istallazione di nuove apparecchiature di rilevamento (Radar Gufo) e armamento. Ultimati i lavori il Pancaldo ritornò a far parte della 14^ Squadriglia Cacciatorpediniere di base a Trapani.
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Foto:
Copertina Archivio Storico M.M.I.
Foto (f.dx1) (f.dx2) (f.dx3) Immagini di Tullio Marcon .


A cura di Francesco Carriglio | Tutti i diritti sono riservati |