Ad Augusta un rifugio di guerra da valorizzare.

Inserto

Inserto Pubblicato da Francesco Carriglio il 30 Ottobre 2023


Tra le costruzioni belliche fatte negli anni ’30 i rifugi ancora esistenti nel territorio di Augusta, che furono di vitale importanze durante il secondo conflitto mondiale.

Esiste in Augusta al di sotto della via Lavaggi - via V. Veneto, un rifugio di guerra costruito sul finire degli anni trenta e costituito da un tunnel cilindrico dal diametro di m. 2, avente accesso sia dal lato della via Lavaggi (oggi non visibile) e sia nell'area della Marina Militare. Partendo dalla via Lavaggi e precisamente nella villa comunale bassa, alla altezza della "porta Madre di Dio" il tunnel a mezzo di una scalinata compie una rapida discesa di circa metri 8 e si prolunga con un ampia curva sotto la via V. Veneto per 124 metri fino a raggiungere l'area della M.M., ove vi è l'ingresso principale. Il tunnel serviva da rifugio per il personale della Marina ed era diviso in sezioni per gli ufficiali, per i militari di truppa e per il personale civile. Ai lati esistevano banchine in legno ove le persone potevano sedersi, disponeva di un impianto di illuminazione elettrica, e poteva accogliere circa un centinaio di persone. L’accesso dal lato dalla via Lavaggi era costituito da un gabbiotto in cemento armato (oggi non più esistente allestito con porta blindata dello spessore di circa cm 12, ed ugualmente dal lato della Marina Militare da altro gabbiotto ancora esistente. Sul finire degli anni 1960 l’accesso da via Lavaggi venne eliminato mediante distruzione del gabbiotto e spianamento.

Il rifugio potrebbe far parte di un percorso turistico abbinato al Castello Svevo ed al Museo della Piazzaforte ove questo dovesse tornare nella sua sede naturale nel Castello. Venne edificato con lo scopo di offrire rifugio al personale della Marina in occasione di bombardamenti che poi , con l’entrata in guerra dell’Italia nel 1940, effettivamente si verificarono più volte ed in particolare nel luglio del 1943. Tutto il territorio di Augusta era disseminato di rifugi antibomba a protezione della popolazione o del personale statale o militare, ma quello di cui parliamo è certamente il migliore tra tutti per le sue caratteristiche costruttive e per la sua allocazione nel sottosuolo. Troviamo altri rifugi ancora visibili sia in abitazioni private sia in aree militari. Ve ne sono nell’area della Marina Militare a terravecchia, o a Punta Izzo nonché nell’area dell’Hangar Dirigibili ma tutti sono fuori terra o seminterrati e con caratteristiche che le fanno inquadrare nella categoria di “rifugi anti scheggia” e cioè non idonei a proteggere l’uomo nel caso di scoppio sopra di essi. A completamento della protezione dalle incursioni era stato anche creato l’U.N.P.A (Unione Nazionale Protezione Aerea) costituito per lo più da personale locale quali ex militari, volontari, infermieri ed anche da donne.Un ruolo importante avevano le cosiddette “confortatrici” le quali avevano il compito di assistere la popolazione civile all’interno dei rifugi e dare un sostegno psicologico e di prima assistenza medica durante le incursioni. Si ha memoria di due confortatrici e cioè: Magnano Giuseppa e Fichera Giuseppa. Ma perché vennero edificati tali manufatti?
Bisogna considerare che la Piazza Militare Marittima di Augusta era la sentinella avanzata dello schieramento militare italiano nel mediterraneo e dunque obiettivo di sicuri attacchi aerei nemici. Comandante della piazzaforte era dall’8 giugno 1943 l’ammiraglio Priamo Leonardi, che sostituì l’ammiraglio di divisione Luigi Notarbartolo. Il territorio della piazzaforte di Augusta-Siracusa si estendeva da Punta Castelluzzo a nord (213^ divisione costiera) ad un punto fra Punta di Milocca e Punta Renella corrispondente a Masseria Palma, a sud (206^ divisione costiera). Il fronte a mare era di km 91, il fronte a terra misurava 52 km, la profondità di territorio era di circa 13 km. Il presidio della piazza era costituito da 13 batterie navali con compiti antinave e contraeree:
Per esempio, nella sola area di Punta Izzo vi erano ben 4 batterie, altre ve ne erano a Monte Celona, a terravecchia ed in C/da Campolato. A Sud altre ve ne erano sino a Capo Murro di Porco. A Santa Panagia è ancora esistente “l’Opera A” che era armata con cannoni da 381 in grado di raggiungere obiettivi a trenta Km distanti. A protezione della base vi erano poi due reggimenti di Fanteria, quattro battaglioni costieri, un battaglione di marinai, un reparto di avieri all’idroscalo, cinque nuclei anti paracadutisti, un centro radio a Melilli, un treno armato quattro aerofoni.

Foto:
Copertina, bombardamento al Porto naviglio affondato.
1. Uno degli ingressi del Rifugio.
2. Rifugio, ingresso da Via Veneto sotto la Villa Comunale.
3. Rifugio antibomba sotto Via Veneto.

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