I Moti Carbonari ad Augusta nel sec. XIX

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Inserto Pubblicato dalla Redazione il 16 Agosto 2018



La restaurazione delle leggi e dei poteri poteva avere un effetto negativo, si rischiava di ritornare al passato, ad un passato medievale. Il ritorno di vecchi assetti politici e sociali rischiava di cancellare quanto di nuovo vi era nella vita e nell’animo degli uomini.


La Costituzione siciliana, firmata nel luglio del 1812, affidava la Funzione Legislativa a due Camere: Camera Alta (dei Pari) e Camera Bassa (dei Comuni). La Funzione Esecutiva e il diritto di veto per lo scioglimento delle Camere spettavano al Re. Da un’intesa tra il re e gli Inglesi si stabilì che la Sicilia dovesse rimanere indipendente e che a governarla fosse un re borbone. La Costituzione siciliana ebbe vita breve. Già nel dicembre del 1816 Ferdinando IV Re di Napoli e III di Sicilia la sopprimeva, assumendo il dominio con il nome di Ferdinando I re del Regno delle Due Sicilie. Il dominio straniero suscitava negli uomini un senso di rivolta, di ribellione e la voglia di rovesciare l’oppressione a favore della libertà. Tali fermenti già dal 1807 furono collante per le società segrete nate dalla Massoneria. L’Italia in quegli stessi anni aveva, infatti, importato dalla Francia il pensiero ideologico che fu alla base della carboneria ed il cui scopo era quello di portare ad un unico orientamento politico. Ad essa aderì il ceto medio: liberi professionisti, piccoli commercianti, elementi del basso clero, ufficiali, sottufficiali e quanti non riconoscevano il governo straniero. Una prima rivolta, fomentata dalla carboneria a Napoli nel luglio del 1820, raggiunse il suo scopo costringendo re Ferdinando a concedere la Costituzione spagnola, che di gran lunga risultava essere più avanzata e meno oppressiva di quella francese nei confronti del popolo. La notizia di quanto accaduto a Napoli, una volta giunta a Palermo in occasione dei festeggiamenti di Santa Rosalia, fece esplodere una seconda rivolta. In quest’ occasione comparve per la prima volta assieme alla bandiera tricolore un drappo giallo simboleggiante la volontà del popolo siciliano di essere indipendente. Le vendite carbonare (*) in Sicilia divennero molte numerose. In particolare ad Augusta vi aderirono: pubblici funzionari, magistrati, ecclesiastici, nobili, ufficiali e sottufficiali del regio esercito. Questi ultimi all’interno delle vendite erano di gran lunga i più numerosi e l’Ufficiale Aiutante nella vendita aveva il grado di “Gran Maestro”. Ad Augusta le autorità preposte a contrastare il fenomeno carbonaro non usarono il polso fermo verso i suoi sostenitori, ma anzi spesso lasciarono correre fingendo di non essere informati dei fatti. In tal modo i carbonari ad Augusta poterono agire alla luce del sole senza doversi curare troppo di nascondere la propria appartenenza alla società segreta. Ad oggi purtroppo non sono ancora emerse notizie storiche riguardanti il programma della carboneria augustana ponendo ancora numerose lacune circa il loro indirizzo politico. Nella notte tra il 20/21 marzo 1821 un gran numero di carbonari uscì allo scoperto giungendo al Castello Svevo per unirsi ai militari dissidenti che presidiavano il Castello federiciano. Una volta unitisi ad essi avvenne la conquista della fortezza a seguito di qualche scaramuccia. I Carbonari si asserragliarono all’interno del Castello prendendo contatto con i carbonari di Catania. La carboneria catanese mandò, quindi, ad Augusta un gruppo di uomini per aiutare i presidianti al fine di rendere il Castello a tutti gli effetti una fortezza carbonara. Giorno 24 marzo anche un gruppo di Carbonari di Sortino si mosse alla volta di Augusta; tra essi era presente il frate cappuccino Andrea Ferreri che giunto nei pressi del ponte di accesso alla città fu affrontato dalle truppe del generale borbone del Carte che in tal modo costrinse il frate a tornare indietro. Il Governatore della Piazza d’Armi insieme ad alcuni cittadini cercò di trattare con i carbonari che avevano assediato il Castello, giungendo ad un accordo; in cambio di viveri freschi e a lunga conservazione i rivoltosi promettevano di desistere e abbandonare il Castello. Ricevuto quanto richiesto, i carbonari non mantennero la promessa, ma si prepararono ad una lunga occupazione della fortezza. Il giorno 25 marzo 1821 un gruppo di carbonari invase la Strada Mastra (oggi via P. Umberto) e la piazza principale della città, incutendo terrore ai cittadini con il proposito di convertirli alla loro causa. Nel medesimo giorno ebbero l’ardire di innalzare sul campanile della Chiesa Madre il tricolore carbonaro (azzurro, nero e rosso). Durante questi tumultuosi eventi vi fu un coinvolgimento sia tra i militari, che tra i cittadini augustanesi che si divisero in tale occasione sostenendo in parte i carbonari ed in parte il regime. Per fortuna vi furono poche vittime tra le quali un comune cittadino ed un membro del ceto nobiliare, rimase ferita anche una donna. Per questo evento il tribunale emise una sentenza di insurrezione armata poco severa, tant’è che a pagare con il carcere furono solamente tre persone: un ufficiale, un appartenente al clero e un carbonaro. Le confuse vicende dei moti carbonari di Augusta colpirono negativamente la cittadinanza poiché tra i carbonari non c’era accordo di idee e uniformità su obbiettivi ed interessi sociali e politici. La rivolta siciliana era destinata a fallire visto che tra le città di Palermo, Messina, Catania e Siracusa era più che mai viva una rivalità tra le famiglie aristocratiche ma anche tra quelle legate alla borghesia. Nei decenni successivi gli affiliati alla carboneria aumentarono eseguendo nel regno azioni di rivolta, causando morti sia tra i difensori del regime che tra la stessa carboneria. Il 14 ottobre 1860 la rivolta decisiva dei carbonari augustani detti "Guelfi Megaresi" costrinse le truppe del regime borbonico all’abbandono della Città di Augusta, la cittadinanza esultò e accolse con gioia questo evento di libertà. I quaranta pezzi di artiglieria abbandonati dal regime con a corredo il munizionamento, fino ad allora usati per “l’oppressione”, potevano finalmente essere asserviti alla causa di libertà del popolo siciliano.
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(*) vendite Carbonare “in gergo” erano sezioni e affiliati alla carboneria (società segreta del risorgimento).


A cura di Francesco Carriglio. | Tutti i diritti sono riservati |