Tristezza degli agrumi – Un flagello per l’agrumicoltura

Augusta - Sicilia

Territorio di Augusta - Flora agrumi


La Tristezza, causata da citrus tristezza virus (CTV), la più grave virosi che colpisce gli agrumi, sta interessando una gran quantità di piante che, dato l’espandersi dei vari focolai d’infezione, tende a crescere sempre più. Come ormai noto a tutti, il comparto agrumicolo italiano è coinvolto da una crisi che trae origine da cause dirette e indirette. Ad aumentare la crisi si aggiungono le infezioni da Tristezza. Il sintomo più evidente della malattia è un deperimento delle piante innestate su arancio amaro visibile su arancio dolce, mandarino, pompelmo e ibridi di agrume. Il virus viene veicolato da alcune specie di afidi e da materiale di propagazione infetto. L’infezione provoca l’accumulo di amido, in seguito alla necrosi dei tubi cribrosi dell’arancio amaro, al punto d’innesto che impedisce alla linfa elaborata, che proviene dalla parte superiore della pianta, di giungere alle radici che dopo qualche tempo collassano. La pianta mostra dei sintomi associabili a uno stato di carenza idrica o nutrizionale (Foto 1) o di danno all’apparato radicale che evolvono in disseccamento dei rametti, rifioriture e fruttificazione scalare e, infine, nella morte (Foto 2).


Diffusione
Si trasmette attraverso il materiale di moltiplicazione infetto o con gli afidi. L'afide del melone [Aphis gossypii - Foto 3], il più comune afide presente nei nostri agrumeti, è considerato vettore della malattia, tuttavia non trasmette egualmente bene tutti gli isolati del virus. Nel territorio siciliano, la coltivazione degli agrumi è riscontrabile su circa ha 96.756 (Ha 72.500 secondo il Censimento 2010) ed il portinnesto assolutamente prevalente è l’arancio amaro. La contaminazione di CTV è stata già oggettivamente accertata in vasti areali ed in diversi focolai, sia nella parte occidentale che orientale dell’Isola, per una superficie approssimativa nell’ordine di circa un migliaio di ettari dove si è concentrata l’attività di monitoraggio del Servizio Fitosanitario Regionale. Molti comprensori restano da saggiare in maniera realmente significativa, anche all’interno di aree agrumetate di assoluta rilevanza. Le infezioni riscontrate sono associate sia a ceppi blandi che a ceppi virulenti. Nella maggior parte dei casi, si è ancora in presenza di piante asintomatiche e produttive con una percentuale di infezione essenzialmente al di sotto del 30%; solo su aree limitate della Sicilia orientale, le infezioni sono diventate sintomatiche con vistosi deperimenti. E’ stata verificata la diffusione naturale della malattia a mezzo afidi vettori, in particolar modo A. gossypii certamente responsabile della propagazione dell’infezione, insieme all’utilizzo improprio da parte degli agricoltori di marze autoprodotte per il reinnesto, che aggrava ulteriormente il rischio di diffusione. Nei comprensori contaminati, la presenza della malattia è quella tipicamente indotta dal patosistema CTV - Aphis gossypii in una prima fase di diffusione, ovvero una contaminazione anche in appezzamenti non confinanti, su piante non contigue di specie e cultivar diverse, talora da poco messe a dimora, con una limitata percentuale di infezione e con il virus in fase latente. CTV è trasmessa dagli afidi in modo semi-persistente e la capacità di diffondere la malattia permane anche per 24-48 ore dopo l’acquisizione. Inoltre, il virus può rendersi manifesto ai più comuni screening di campo solo in un certo periodo finestra. In definitiva, il quadro epidemico generale si definisce logicamente molto grave per la contemporanea associazione di tutti i più importanti fattori di rischio di cui in premessa. In queste condizioni, è ipotizzabile un’epidemia su larga scala. Anche se la propagazione di agrumi su di arancio amaro ha fatto aumentare la vulnerabilità del citrus per tristezza, questo tronco ha molti vantaggi: si adatta facilmente a quasi tutti i tipi di terreni, è tollerante a Phytophthora spp. e verso la maggior parte dei patogeni d’innesto e compatibile con quasi tutti gli innesti. Un cambiamento verso un portainnesto tollerante alla tristezza, porterebbe ad altri innumerevoli problemi.

Rimedi Inutili
L’agrumicoltore, quando manca di un’adeguata conoscenza del problema della Tristezza, si basa spesso sull’aspetto più evidente dei sintomi e non sui risultati di una tempestiva analisi di laboratorio che permetterebbe di distinguere tra le cause di deperimento della pianta e, quindi, ad adottare l’unico mezzo per una corretta diagnosi in caso di Tristezza. Adottando degli interventi personali, in caso d’infezione da Tristezza, si può incorrere in soluzioni errate e non efficaci che portano a costi economici aggiuntivi senza un miglioramento delle condizioni fitosanitarie dell’agrumeto. Pertanto appare opportuno illustrare quali sono i rimedi inutili. Uno degli errori più frequenti è lo scambio dei sintomi di attacchi da Phytophthora spp. (marciume radicale e del colletto) con quelli da Tristezza. In questo caso l’agrumicoltore interviene con trattamenti fogliari o al terreno o pennellature al tronco con anticrittogamici a cui spesso aggiunge la scalzatura del tronco. Infatti in tali casi, siccome il marciume radicale o del colletto comportano clorosi nervale delle foglie, disseccamento dei rametti e, talora, moria della pianta, l’agrumicoltore ritiene di poter risanare la pianta dall’avversità ma quando si tratta di Tristezza i trattamenti anzidetti risultano inefficaci. Un altro intervento è il restringimento della chioma (Foto 4) al fine di riequilibrare la parte aerea con lo sviluppo radicale. In questo caso non solo non si hanno effetti, anche se talora si vede un miglioramento temporaneo, ma si concentra il virus e si rischia sui nuovi rigetti di agevolare l’infestazione degli afidi, agenti vettori della Tristezza. Limitarsi a tagliare quasi rasoterra la pianta lasciando a segnale un moncone (Foto 5) non è consigliabile perché in caso di rigetto si mantengono polloni infetti. Pertanto la pianta va eliminata con l’escavatore. Un intervento più radicale è il reinnesto della pianta con altra varietà ritenuta più idonea per il mercato. Anche in questo caso l’intervento è inutile non solo perché si mantiene il portinnesto infetto che trasmette il virus alla marza, ma si perpetua la presenza di piante malate che manterranno l’infezione e col tempo moriranno. In ambiente idoneo alla coltura del limone è fattibile il reinnesto con marze di questa specie di agrume in quanto tollerante della Tristezza.Gli agrumicoltori in altri casi provvedono a impiantare accanto alla piante malate una nuova pianta che nella maggior parte dei casi, essendo su terreno stanco, stenterà a sviluppare

Conclusioni
All’evidenziarsi dei primi sintomi, il prelievo di germogli verdi (primavera-fine estate) seguito da una tempestiva analisi presso un laboratorio specializzato permetterebbe di distinguere tra le cause di deperimento della pianta e, quindi è l’unico mezzo per una corretta diagnosi in caso di Tristezza. Gli interventi contro questa virosi sono un ulteriore aggravio dei costi di gestione generati da una riconversione che obbliga a cambiare l’arancio amaro, portinnesto tradizionale, con portinnesti tolleranti, come i citrange Troyer, Carrizo e C 35, e al reimpianto e, quindi, a un periodo d’improduttività.
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Per consulenza scrivere al Dr. Sergio Fazio

A cura del Dr. Sergio FAZIO - Agronomo