La disavventure di una Regina - Augusta 1379

Inserto

Inserto Pubblicato dalla Redazione il 14 Marzo 2018



Agli inizi del XIV secolo, tornata la pace nella Caltabellotta sui monti Sicani, ad Augusta riprendeva la vita quotidiana relativamente tranquilla.


Nel 1372, dopo un periodo di tregua delle armi voluta e firmata dal papa Gregorio XI, Federico I e Giovanna I, ricalcavano le affermazioni di principio formali per una pace duratura. Nel 1377 moriva a Messina Federico IV (detto il semplice), nel suo testamento era citata erede del regno di Sicilia la figlia Maria avuta dal matrimonio con Costanza d’Aragona. Nel testamento vi era anche la “citazione” che, in caso di morte prematura della regina Maria di Sicilia, la successione al trono sarebbe spettata al figlio naturale Guglielmo al quale aveva lasciato l’isola di Malta. Alla morte del padre la giovane regina Maria non aveva raggiunto la maggiore età (18 anni), il suo tutore, padrino di battesimo, era il nobile feudatario Artale II d’Alagona signorotto di Paternò che aveva in sordina un progetto politico sul futuro di Maria e cioè che, raggiunta l’età da marito prendesse come sposo il duca di Milano conte di Pavia Gian Galeazzo Visconti, per gli interessi di Maria e quelli più generali della Sicilia, avvicinandola contestualmente all’Italia. Ovviamente Artale che abitava presso il Castello Ursino di Catania aveva il suo resoconto, quello di appropriarsi indisturbato dei beni demaniali e sottrarli al popolo siciliano. A turbare il progetto di Artale sul matrimonio di Maria intervenne il conte di Augusta Guglielmo Raimondo III Moncada (detto il conquistatore), la sua ambizione non sopportava di trovarsi in condizioni di inferiorità rispetto al Governo dei quattro vicari e nutriva una particolare avversione nei confronti di Artale II d’Alagona. Dopo l’abusiva occupazione di Artale del feudo di Augusta, nel 1360 a termine di una disputa ritornò padrone del feudo il conte Guglielmo Raimondo III Moncada. Per contrastare l’avversario Artale, Moncada decise di eseguire una impresa temeraria, rapire la regina Maria con l’approvazione di Pietro IV d’Aragona, approfittando della temporanea assenza del protettore. Nel gennaio del 1379 Moncada con due imbarcazioni del tipo galeotta e un drappello di uomini giunse a Catania, sbarcò nei pressi del Castello Ursino, residenza della regina che a quel tempo sorgeva a limite della scogliera. Entrato nel Castello costrinse Maria a seguirlo ad Augusta, la sua resistenza fu vana per la determinazione di Moncada, e una volta giunti ad Augusta la regina Maria fu rinchiusa nel Castello Svevo. Adesso Raimondo Moncada si doveva preparare alla reazione di Artale, che non sarebbe stata blanda. Il conte di Augusta venuto a sapere che un esercito di uomini bene armati al comando di Artale marciava da Catania in direzione di Augusta per espugnare il Castello e liberare la regina, prevenne la mossa trasferendo la regina Maria nel Castello di Licata, soggetto a Manfredi Chiaramonte che né approvò la condotta. Lasciata la regina Maria prigioniera nel Castello di Licata, Moncada raggiunse Barcellona per convincere Pietro IV ad intervenire con le armi per il dominio della Sicilia. La Lumia, baronia di Capobianco, manifestò il disappunto sul comportamento del conte di Augusta, ritenendo una irrequietezza senza giustificazione il rapimento di Maria regina di Sicilia. La condotta di Moncada aveva uno scopo ben preciso, far fallire il matrimonio della regina Maria con Galeazzo Visconti e consegnare la Sicilia al re d’Aragona. Le vicissitudini della regina Maria di Sicilia continuarono per una questione di potere nobiliare.
________
Immagine di copertina: Una antica raffigurazione del Conte di Augusta, nell'atto del rapimento di Maria regina di Sicilia.


A cura della Redazione. | Tutti i diritti sono riservati |